✓ Le marche del Made in Italy passate in mani straniere 
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Marche del Made in Italy passate in mani estere, fonte Coldiretti

2013
CHIANTI CLASSICO per la prima volta un imprenditore cinese ha acquistato una azienda agricola del gallo nero
RISO SCOTTI il 25% è stato acquisito dalla società alla multinazionale spagnola Ebro Foods
2012
PELATI AR - ANTONINO RUSSO nasce una nuova società denominata Princes Industrie Alimentari SrL, controllata al 51% dalla Princes controllata dalla giapponese Mitsubishi
STAR passata al 75% nelle mani spagnole del Gruppo Agroalimen di Barcellona (Gallina Blanca)
ESKIGEL produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione (Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop) ceduta agli inglesi con azioni in pegno di un pool di banche.
2011
PARMALAT acquisita dalla francese Lactalis
GANCIA acquisita al 70% dall'oligarca russo Rustam Tariko
FIORUCCI SALUMI acquisita dalla spagnola Campofrio Food Holding S.L.
ERIDANIA ITALIA SPA la società dello zucchero ha ceduto il 49% al gruppo francese Cristalalco Sas
2010
BOSCHETTI ALIMENTARE cessione alla francese Financière Lubersac che detiene il 95%
FERRARI GIOVANNI INDUSTRIA CASEARIA SPA ceduto il 27% alla francese Bongrain Europe Sas
2009
DELVERDE INDUSTRIE ALIMENTARI SPA la società della pasta è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl che fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata
2008
BERTOLLI venduta a Unilever, poi acquisita dal gruppo spagnolo SOS
RIGAMONTI SALUMICIO SPA divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International
ORZO BIMBO acquisita da Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis
ITALPIZZA ceduta all'inglese Bakkavor acquisitions limited
2006
GALBANI acquisita dalla francese Lactalis
CARAPELLI acquisita dal gruppo spagnolo SOS
SASSO acquisita dal gruppo spagnolo SOS
FATTORIE SCALDASOLE venduta a Heinz, poi acquisita dalla francese Andros
2003
PERONI acquisita dall'azienda sudafricana SABMiller
INVERNIZZI acquisita dalla francese Lactalis, dopo che nel 1985 era passata alla Kraft
1998
LOCATELLI venduta a Nestlè, poi acquisita dalla francese Lactalis
SAN PELLEGRINO acquisita dalla svizzera Nestlè
1995
STOCK venduta alla tedesca Eckes A.G., poi acquisita dagli americani della Oaktree Capital Management
1993
ANTICA GELATERIA DEL CORSO acquisita dalla svizzera Nestlè
1988
BUITONI acquisita dalla svizzera Nestlè
PERUGINA acquisita dalla svizzera Nestlè

L'offensiva dei colossi stranieri sulle grandi firme del tricolore

di Walter Galbiati

La Barilla che va in Francia e compra Harry's o in Svezia la Wasa.
La Luxottica di Leonardo Del Vecchio che da Agordo si espande nel mondo fino a comprare gli americani Ray-Ban, gli occhiali dei divi. Oppure i Ferrero che con la loro Nutella, oltre a essere sulla carta i più ricchi d'Italia, sono finiti sulla rivista Forbes alla posizione numero 32 tra i paperoni del mondo con una ricchezza stimata intorno ai 18 miliardi di dollari.
Gli eroi nazionali dell'industria non mancano, ma per ogni nostra azienda che si impone all'estero almeno due o tre marchi nazionali finiscono nelle mani delle holding straniere. Vuoi per la scarsa politica industriale dei nostri governi, vuoi per il campanilismo per il quale l'imprenditore, senza eredi capaci di portare avanti il nome dell'azienda, piuttosto che vendere al rivale di sempre preferisce che la società cambi bandiera o che finisca in mano ai fondi di investimento, una sorta di traghetto che nel giro di pochi anni in genere consegna quegli stessi marchi alla prima multinazionale intenzionata a comprarli.

L'ultima pepita d'oro finita al di là delle Alpi è Bulgari.
La famiglia (i fratelli Paolo e Nicola Bulgari e Francesco Trapani) ha ceduto il suo 50 per cento ai campioni francesi di Lvmh, un aggregato del lusso, un colosso mondiale da oltre 20 miliardi di euro di ricavi (+19 per cento sul 2009), che opera dai vini ai gioielli dalla pelletteria ai vestiti. In cambio del controllo dell'azienda i Bulgari riceveranno azioni Lvmh per un valore di circa 2 miliardi di euro. "Non era nostra intenzione vendere la società, era nostra intenzione passare dal controllo di un business medio-piccolo alla partecipazione e gestione di un business più grande", hanno dichiarato i venditori, ma di fatto la loro partecipazione pari al 3,5 per cento sempre che lo mantengano nel tempo, non è nulla a confronto del 47 per cento con il quale Bernard Arnault fa il bello e il cattivo tempo in Lvmh. Del resto la campagna italiana del gruppo francese è in atto da tempo tanto che tra i marchi nostrani vi sono già Emilio Pucci, Acqua di Parma e Fendi, la cui acquisizione è avvenuta nel 2001 dopo che il gruppo non è riuscito a ottenere il controllo della fiorentina Gucci, attualmente nelle mani di Ppr, storico rivale di Lvmh.

Qui è l'imprenditore Francois Henri Pinault ad aver creato una conglomerata da 14,6 miliardi di ricavi che oltre al lusso opera nella distribuzione con la Fnac e nel retail con la Puma. Nelle sue mani, Bottega Veneta, famosa per le sue borse intrecciate e le scarpe del marchio Sergio Rossi, nato in Italia negli anni '60. Le mire dei francesi ora potrebbero allungarsi anche sulla Edison, una delle più importanti società energetiche italiane, già partecipata attraverso di Edf, e da qui a qualche anno su Alitalia, nel cui capitale sono presenti con la compagnia di bandiera Air France. Ma è nel campo dell'alimentare, senza escludere la grande distribuzione presa d'assalto da Carrefour e da Auchan, che il peso dei galletti d'oltralpe sta diventando sempre più rilevante. La francese Lactalis ha creato la succursale Italia solo nel 2007, ma riunisce al suo interno l'intera Galbani (acquisita nel 2006) e le altre società italiane già parte del gruppo francese con i marchi Invernizzi, Cademartori, Locatelli e Prèsident. Ora è leader assoluto nel mercato dei prodotti lattiero-caseari in Italia e tra i principali attori nel mercato dei salumi.
La Cirio del dopo Cragnotti invece ha conservato la sua identità nazionale grazie a Conserve Italia, mentre la Parmalat, attualmente una public company guidata da Enrico Bondi, è nelle mire dei fondi nazionali, della stessa Lactalis e della svizzera Nestlè. Perchè i marchi italiani non fanno gola solo ai francesi.

La multinazionale del latte in polvere ha iniziato la sua diversificazione entrando in Italia già nel dopoguerra con l'acquisto della Maggi, la società nota per i dadi e l'omonimo brodo. La grande espansione è culminata tra la fine degli anni Ottanta e gli anni Novanta, quando nel suo portafoglio sono finiti marchi, come la Buitoni e la Sanpellegrino.
E la Buitoni, venduta agli svizzeri dalla Cir, portava in dote un altro brand del calibro della Perugina. Nel 1993 poi Nestlè ha rilevato anche Italgel presente nel mercato del frozen con gelati Motta, l'Antica Gelateria del corso e la Valle degli Orti.
Anche gli spagnoli hanno fatto la loro bella campagna acquisti nel Belpaese, soprattutto nel campo degli oli d'oliva. Nel 2005 tre fondi (Bs Private Equity, Arca Impresa Gestioni e Mps Venture) hanno venduto per oltre 130 milioni di euro la Carapelli Firenze alla spagnola Sos Cuetara, quotata alla Borsa di Madrid e uno dei maggiori gruppi alimentari in Spagna proprio nell'olio. Il gruppo conta su un fatturato di un miliardo di euro e in Italia è già presente con l'olio Sasso, rilevato nel 2004. Alla volta della penisola iberica è partita anche la Star, la società italiana leader nei dadi da brodo, acquistata dalla multinazionale spagnola Agrolimen per integrarla con le attività di Gallina Blanca. A vendere la famiglia Fossati, che ha reinvestito parte del ricavato in Telecom Italia.

Da ultimo, anche i brasiliani si sono tolti qualche soddisfazione. La Jbs, leader mondiale nella produzione di proteine animali, dopo aver fallito, per ora, l'assalto alla Cremonini, ha completato l'acquisizione (già possedeva il 70 per cento) della bresaola Rigamonti, uno dei gioielli della Valtellina.
Fonte: La Repubblica



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